Nelle ultime settimane, tutti i social network sono invasi da migliaia di foto che ritraggono vip invecchiati come per magia. Nessun avvenimento paranormale però, si tratta semplicemente dell’app che sta spopolando in rete: FaceApp. L’applicazione infatti, modifica una foto e ti invecchia automaticamente. Un risultato incredibile e realistico che ha spinto molti personaggi famosi a farne uso. Tuttavia, sono emersi numerosi dubbi sulla privacy: è sicuro mandare le proprie foto all’app?
FaceApp: il boom dell’applicazione!
In questi ultimi giorni si è fatto un clamoroso tuffo nel futuro, in quanto i social network si sono popolati di migliaia di foto “invecchiate”. E’ l’app FaceApp la responsabile di questo incredibile effetto, talmente fatto bene da diventare virale in pochi minuti. Il suo software aveva già attirato l’attenzione di molti utenti, ma l’ultimo filtro che invecchia i soggetti ritratti nei selfie è un vero capolavoro. Utenti normali e soprattutto vip ne stanno facendo uso in modo spasmodico, ma i primi dubbi cominciano a circolare. Con FaceApp, la privacy è a rischio? L’app non utilizza la potenza di calcolo dei telefoni per effettuare le sue modifiche, ma preferisce inviare le immagini online e lasciare che siano i suoi server a fare il lavoro per poi rispedire il risultato allo smartphone.
FaceApp: la privacy degli utente è a rischio?
La privacy online è sempre stata motivo di grandi dibattici, per tale motivo sapere se di FaceApp ci si può fidare è uno degli argomenti principali circolati in rete. Stando a quanto riporta un noto sito l’applicazione non sarebbe l’unica ad inviare foto ad un server per elaborarle e creare l’effetto desiderato. Non a caso, l’app di fotoritocco Prisma avrebbe fatto per molto tempo la stessa cosa. Le foto caricate su FaceApp tuttavia, rimarrebbero sui suoi server per 48 ore e dopo quel lasso di tempo verrebbero cancellate automaticamente. Inoltre: “Chiunque volesse può comunque inviare una richiesta di rimozione delle foto dalla banca dati utilizzando la funzione di segnalazione dei bug e mettendo la parola ‘privacy’ come oggetto della comunicazione”.