Il Fatto Quotidiano ha fatto sapere che Vittorio Sgarbi risulterebbe indagato per furto di beni culturali. Si dà conto di un fascicolo con iscrizione e una prima ipotesi di reato, a causa del presunto furto di un’opera rubata dal Castello di Buriasco nel 2013 e riapparsa a Lucca nel dicembre 2021, come “inedito” di proprietà del critico d’arte. L’inchiesta è stata portata avanti dalla rivista e da Report, la quale ora ha spinto il diretto interessato a difendersi dall’accusa.

Vittorio Sgarbi: spunta l’indagine per furto?

Tutta la storia che vede coinvolto Vittorio Sgarbi acquisisce valore dall’inchiesta svolta dal Fatto Quotidiano di Marco Travaglio e dalla trasmissione Report di Sigfrido Ranucci. Si rende noto nei servizi la presunta sparizione di un’opera dell’artista Rutilio Manetti, il dipinto “La cattura di San Pietro”, il quale sarebbe stato appunto rubato dal Castello di Buriasco in Piemonte nel 2013 e riapparso a Lucca nel dicembre 2021 tra i beni del critico d’arte. A sua difesa, il sottosegretario alla cultura ha spiegato: “È una loro attività diffamatoria, il sospetto è la loro arma. La mia sono le indagini inequivocabili fatte sul dipinto, che loro non conoscono”. E ancora: “Nessuna incongruenza. Nessuna risposta. Le inchieste le fa la magistratura, alla quale sola, davanti all’evidenza dei fatti, corrotta da due giornalisti, sono pronto a rispondere”.

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Vittorio Sgarbi: la difesa del critico d’arte

Ai microfoni di Adnkronos, Vittorio Sgarbi fa sapere che non ha intenzione di dimettersi dal ruolo di sottosegretario alla cultura: “Non ci penso neanche”. Mentre a Quarta Repubblica, ha aggiunto: “Non c’è nessun mistero, i quadri sono due. Quel quadro rubato viene descritto dalla sovrintendenza come una riproduzione, brutta copia dell’originale che stava in Vaticano. Quello trovato da me in una villa è l’originale”. Tuttavia, il fascicolo è stato aperto dalla procura di Imperia, e, come spiega Fanpage, sarebbe collegato ad un’altra indagine per “esportazione illecita di opere d’arte”, legata a un dipinto attribuito a Valentin De Boulogne, anch’esso riprodotto nello stabilimento di Correggio. L’inchiesta di Report e Fatto Quotidiano racconta infatti che il piccolo laboratorio nella zona industriale di Correggio, vicino Reggio Emilia, sarebbe stato utilizzato dal critico d’arte come “fabbrica dei cloni”.

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